Porco zio. Post sbornia megagalattico. La mia testa sembra il forno a legna di una pizzeria napoletana a Ferragosto. Appena mi alzo ho una fitta al colon. Sto malissimo. Perché ti riduci sempre così bro? Perché? Non lo so frà, la caipiriña non sembrava così forte… Sempre così zì, ogni cazzo di volta c’è una scusa. Oh, regaz non iniziate a litigare che qua fanno trecento gradi fahrenheit. Fahrenheit zi? Sì zio, fahrenheit. Ma se non sai neanche come cazzo si scrive fahrenheit. Oh, ma le fighe di ieri? Qualcuno ha preso il numero o l’instagram? Nel telefono non c’è niente zi. Perse frà. Merda non servite proprio a un cazzo voi due. Ecco che ci risiamo. Le mie personalità discutono di nuovo dentro al mio cervello alluvionato dalla caipiriña. Pensavo che pisciando il lavoro ‘sto strazio fosse terminato e invece le scimmie sono solo diminuite. Il circo è ancora aperto.

Sei del pomeriggio. Ancora non mi riacchiappo. Sinceramente la spiaggia di Copacabana me l’aspettavo più affollata, invece ogni volta l’abbiamo trovata mezza vuota. Anche adesso non fa eccezione. Stiamo sparando cazzate con Ale e Donk. Un discorso più assurdo dell’altro, quando in un attimo la conversazione si fa seria. Già perché siamo qui da quasi una settimana, va tutto alla grande a parte una cosa: le donne. Neanche l’ombra. Inizia ad essere un problema. E su questo siamo tutti d’accordo. Scimmie comprese. Tinder è un disastro. Le più belle sono trans. Ma anche in strada o in spiaggia le brasiliane deludono le aspettative. Lineamenti del viso duri, poco femminili. Lo stesso per l’accento. Per di più sembrano in fissa con la palestra. E io odio la palestra. Per me è sempre stato un luogo per uomini insicuri. Neanche ho mai capito le donne che ci vanno per metter su muscoli, né mi sono mai piaciute. Tornando a noi, tra tutti e tre qualche appuntamento è uscito fuori, nessuno però è riuscito ad aprire le marcature. “Ragazzi Tinder non va. Cerchiamo un gruppo di ragazze qua in spiaggia sennò la vedo dura” faccio io dicendo la prima frase sensata da quando mi sono svegliato. Alessandro è restio. È un tinderiano ortodosso lui. Donk già mi appoggia di più. Il problema è che Ale è l’unico che sa il portoghese. E pure lo spagnolo, perché io e Donk sappiamo dire giusto quattro stronzate. Dobbiamo convincerlo per forza. “Alessà dai andiamo” “se voi andate, io vi accompagno, ma non inizio nessuna conversazione” “dai Alessà fai il serio, io e Edoardo che cazzo gli diciamo?!” “No, ve l’ho detto, se voi andate io vi accompagno ma niente più. Non c’ho più voglia di fa ‘ste cose”. Nel frattempo, comunque iniziamo a guardarci intorno. A destra due culone attirano la curiosità del Donk. Ale mi aveva accennato qualcosa sui suoi gusti, però qui mi sembra che stiamo esagerando. A sinistra c’è un bel gruppetto di ragazze, quasi tutte more. “Oh, regaz, quel gruppo sembra interessante. Andiamo?” Donk sembra più attratto dalle culone però me le appoggia, ad Ale invece sembra che non gliene frega un cazzo. “Dai alessà c’ha ragione Donk, inizia solo il discorso poi ci parliamo noi” “Oh ma perché insistete? Ve l’ho detto, io vi accompagno e basta”. Proseguiamo ‘sta discussione senza via d’uscita, tipo Aldo Giovanni e Giacomo, finché una delle ragazze si alza e inizia a sgrullare la sabbia dal telo. Gran bella fica tra l’altro. “Ecco bravi, ce le siamo fatte scappare”. Si alza anche un’altra. Ancora più bella dell’amica. Adesso tutti e tre siamo girati verso di loro. Probabilmente con la stessa faccia di quando la tua squadra sta perdendo, mancano pochi secondi di recupero e non sai se l’arbitro farà battere il calcio d’angolo. Sì, probabilmente siamo ridicoli. Fatto sta che alcune ragazze rimangono sedute e iniziano a parlare con quelle in piedi, che nel frattempo smettono di sistemare le cose. Probabile momento di indecisione. Adesso o mai più. “Oh, io vado!” Donk mi segue, Ale pure. Adesso viene il bello. Non ho la minima idea di cosa cazzo dirgli. “Hola chicas, como va?” esordisco goffamente utilizzando quasi tutte le parole spagnole che conosco. Sono argentine. Ballerine di samba che sono venute per ballare nell’evento principale del carnevale al Sambodromo. Minchia. E io qua che ancora non mi reggo in piedi da ieri sera. Per fortuna Alessandro ha vissuto qualche mese a Buenos Aires e si butta nella conversazione. Io e Donk ci limitiamo a sorridere e sparare qualche battuta di tanto in tanto. Mi scambio il numero con una di loro e ci diamo appuntamento per stasera.
Mentre torniamo all’appartamento, Ale se ne esce così “ah io non ci sto stasera, non ci avevo ripensato” “cómo? Non vieni?” “No, devo lavorare” “fammi capire, te lavori di notte?” “sì, attacco all’una di notte fino alle sette di mattina italiane, che qua sarebbe dalle nove alle tre” “vabbè piscialo” “no impossibile” “ma sei serio? L’hai viste quanto so fiche?” “Stasera si lavora”. Io e Donk siamo esterrefatti. “Ma poi che lavoro è?” chiede lui “fra un po’ lo vedete” gli risponde Alessandro mezzo ridendo.
Appena finito di mangiare Ale apre il pc e si collega alla piattaforma. È una chat erotica dove dei morti di figa pagano, 1€ a messaggio, per parlare con delle ragazze. Che già sarebbe abbastanza degradante. Il peggio però è che le ragazze non esistono. È lui a rispondere agli allupati impersonando la fica di turno. “Eccomi amore, ho pensato a te tutto il giorno. Non vedo l’ora di eccitarmi, dimmi qualcosa di zozzo” inizia il primo. Ale inizia a digitare sulla tastiera “anche io ti ho pensato porcellino! Giro nuda per casa e tu che fai?”. Io e Donk ci stiamo scompisciando dalle risate. Si apre un’altra chat “voglio leccarti tutta fino ai piedi”. Cómo?! Alessandro sposta il mouse verso un angolo della chat dove c’è scritto: 589 messaggi. “Cioè questo ha speso 589€?” “Sì esattamente” “Oh merda”. Altra chat ancora “come sei messa lì sotto? Depilata o cespuglio?”. ‘Sta storia inizia a diventare tragicomica. Sembra assurdo ma Ale è irremovibile, stasera si lavora.
Noi due usciamo e ci dirigiamo verso il lungomare. In lontananza, cinque ragazze vestite da conigliette di Playboy attirano la nostra attenzione. Portano bikini, shorts cortissimi, cerchietti con le orecchie e papillon. Cazzo, sono le argentine. Con Donk ci scambiamo un sorriso che vale più di mille parole. La comunicazione in spagnolo non è proprio fluida però ci facciamo capire. Per fortuna le ragazze sanno già dove andare e ci portano in discoteca. Appena entriamo tre donne completamente nude vengono ad accoglierci. Mi sa che non è una discoteca. Le argentine sono disgustate, mentre noi abbiamo ricominciato a ridere. Si va a bere a un chiringuito sul lungomare di Copacabana. Donk si capisce che ha puntato Alma, la bionda. La mia è mora, si chiama Flor ed è stupenda. Un viso molto bello, dai lineamenti simili a quelli italiani, due gran belle tette e un cuerpazo da ballerina di samba. Qua rischio di innamorarmi dell’Argentina ancora prima di arrivarci. Dopo un paio di cocktail le ragazze iniziano a ballare. Io e Donk per poco non ci mettiamo le mani nei capelli. Mai visto nessuno muovere il culo così. Appena si siedono chiedono un altro giro. A me non è ancora passata la sbornia di ieri e in un attimo sono di nuovo ubriachissimo.
A fine serata torniamo all’appartamento in quattro. Io ho la stanza singola, mentre Donk è in quella matrimoniale con Alessandro. Il ragazzo sta dormendo dopo sei ore di conversazioni erotiche con gli allupati nostrani, eppure a Donk non rimane altra scelta che svegliarlo e cacciarlo dal letto. Ale accetta di buona volontà di sacrificarsi per la squadra, ma se la prende lo stesso con Dio e tutta la chiesa romana quando realizza che dovrà dormire sul lercissimo divano della sala. Appena entriamo in stanza, io e Flor iniziamo a baciarci e toccarci appassionatamente. C’è solo un problema: sono ubriaco fradicio. Lei è strepitosa, ma il mio cazzo è andato. Completamente fottuto. Flor continua a toccarmi. Ma niente. All’improvviso i suoi occhi mi guardano seri e mi fa “está muerto!”. Ufff. Peggio di una coltellata.
Ok, cerchiamo di rilassarci. Apro la finestra per far entrare un po’ d’aria e ci stendiamo sul letto. Devo guadagnare tempo e sperare che ‘el muerto’ risorga. Allora ricomincio lentamente a toccarla, a baciarle il collo, poi il seno. Piano piano scivolo verso il basso fino a immergermi tra le sue cosce. Con la lingua mi concentro sul clitoride, mentre l’indice e il medio si muovono dentro di lei. Flor viene. Una, due, forse tre volte. I suoi orgasmi sono la chiave. Finalmente ho una semi erezione. Senza pensarci due volte, mi infilo il preservativo e lo spingo dentro. Dopo pochi secondi, è già abbastanza duro. Incredibilmente resuscitato. E allora vado al massimo. Con tutto quello che ho. Galvanizzato dal miracolo. Flor inizia ad ansimare sempre di più. “Piano” mi sussurra ora che ‘el muerto’ è bello duro. Però io non rallento. Grondo di sudore, sono cotto, ma pompo di brutto. Fino alla fine. Finché non veniamo insieme. Ed è un orgasmo tanto intenso quanto liberatorio. L’ho sfangata ancora. Un’altra maledetta volta. Mi accascio sopra di lei esausto. Respiriamo ancora affannosamente e scoppiamo a ridere quando le sussurro all’orecchio “no estaba muerto?!”.